Uscire dalle proprie abitudini per permettere al cambiamento di svilupparsi
Ricordo bene quelle giornate. Ricordo tutto. Ricordo innanzitutto come trascorrevano: in modo regolare. Regolarmente stressanti, regolarmente frustranti, regolarmente prive di anima…regolarmente regolari….
Ad un certo punto deve esserci stato un “clic”….dentro il mio cervello, voglio dire…deve esserci stato un piccolo, infinitesimo lasso di tempo in cui i passaggi mentali profondi del mio encefalo hanno fotografato una situazione, hanno sentenziato che “poteva bastare”… La quantità, non misurabile, delle sensazioni provate nel corso degli anni di lavoro, aveva in qualche modo riempito il contenitore dedicato, il luogo preposto ad immagazzinare quel tipo specifico di emozione.
Si accende una spia
Insomma, se avessi avuto a disposizione un cruscotto con i dati in tempo reale delle mie funzioni mentali, in un certo punto si sarebbe accesa una spia rossa, quella del “troppo pieno”. E quella spia non la puoi ignorare, brilla continuamente sul display, obbligandoti a prendere un’iniziativa.
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Sono arrivato a casa, ho chiuso la porta. Mi sono seduto sul divano, tablet alla mano. Erano svariati giorni che, a più riprese, bazzicavo i siti delle scuole di bartending…esatto, quelle che formano i professionisti che vi servono i drink più svariati e colorati mentre scherzate con gli amici o che vi salvano la vita durante le fredde giornate invernali, servendovi un cappuccino bollente, scongiurando il principio di ipotermia che vi aveva colto alcuni minuti prima.
Ne ho contattate tre, e tutte mi hanno fatto una buona impressione. Mi hanno comunicato professionalità, e la giusta dose di umanità. Ne ho scelta una, affidandomi, una volta tanto, all’istinto. E dopo, mi sono dovuto convincere del fatto che tutto ciò avesse un senso…sì, perché l’istinto è assoluto, a lui basta sapere ciò che desidera…ma poi, bisogna superare il controllo della razionalità, che ha bisogno di ragioni, analisi, motivazioni…
Una strana decisione
Quando, quella stessa sera, ho comunicato a mia moglie la mia decisione, lei ha reagito con la stessa stupita incredulità con cui deve aver reagito Gene Kranz nel 1970, quando la capsula Odyssey durante la missione Apollo 13, comunicò il famoso: “Houston, we’ve had a problem…” al controllo missione.
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Ma, come sempre, mi ascoltò. E ricordo di averle detto che non ce la facevo più a vedere solo pratiche di ufficio, che almeno per qualche giorno avevo bisogno di altro, di qualcosa di completamente diverso.
Il mio cambiamento si è manifestato comunque, a prescindere da quanto lo avessi cercato, da quanto lo avessi auspicato, da quanto lo avessi temuto e desiderato……i suoi presupposti erano già lì, da sempre…in quella zona dell’anima in cui avevo relegato da sempre le mie passioni.
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