Se cambiare è sinonimo di ridurre.
Non capisco come ho fatto. Però è successo….mi sono distratto, e gli anni erano lì, pronti a fuggire via. E l’hanno fatto, senza pietà. I trenta hanno salutato, e velocissimi sono arrivati i quaranta, e poi i cinquanta. Nel frattempo, le cose cominciavano a cambiare…
Ogni anno è trascorso esattamente come gli altri, fra le scartoffie ed i report di produzione, fra le circolari che spiegavano le innovazioni normative e l’informazione all’utenza, divenuta, quest’ultima, un’operazione sempre più tormentata da effettuare. Del resto, va da sé che se metti sempre meno persone ad effettuare la stessa quantità di produzione, l’informazione all’utenza (ed intendo quella in cui l’utente interagisce direttamente con chi ha effettuato la pratica che lo riguarda) ha sempre meno spazio, ed alla fine diventa quasi un lusso.
Un pessimo modo di cambiare
Nulla di scandaloso, se non fosse che eroghi un servizio pubblico, ed il cittadino deve rivolgersi a te per forza. A quel punto, se la parola “cambiare” fa rima con “calare”, è ovvio che il tuo “cliente obbligato” non possa che sentirsi frustrato, e pure preso in giro, se in tv gli hanno da tempo promesso un servizio migliore.
Non sono convinto che meno persone che effettuano una pari quantità di lavoro vogliano dire maggiore efficienza. Bè, se si prende il concetto tecnicamente il rapporto “lavoro fratto persone”, se diminuisci il numero di persone, questo migliora. Obiettivo raggiunto, wow ! …eh no, “wow” un cavolo……
Sei in ufficio il primo del mese di giugno di un anno qualunque, ed il trentuno di maggio una collega che lavorava con te da anni viene trasferita ad altro incarico, senza che neppure l’abbia chiesto. Va a mettere una toppa ad una falla critica che si è aperta nella chiglia di un altro ufficio, rispettabile tanto quanto quello in cui militi tu.
Il responsabile era stato avvisato da tempo del trasferimento, che rientra nelle sacrosante facoltà della direzione dell’ente di organizzare al meglio il lavoro.
Ma quel trasferimento è a fronte di nessun arrivo, il lavoro deve essere fatto con meno persone, e possibilmente più in fretta. Sì, perchè efficienza è anche un servizio più rapido, a parità o addirittura con meno costi. Tutto bene, se non fosse che il personale dell’ufficio aveva già salutato altre persone, per pensionamento o per destinazione ad altro incarico.
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Mal comune non è mezzo gaudio
Non sei una mosca bianca, purtroppo sei in buona compagnia, sia nel settore pubblico che in quello privato, dove questa tendenza impazza, complice sicuramente la crisi economica globale. Ma questo non consola il personale di quell’ufficio, che dovrà occuparsi di quel lavoro, conciliandolo con quello, già notevole, che svolgeva prima.
Ed il responsabile di quell’ufficio, se è una persona sensibile, non potrà non notare lo stress che cresce fra i colleghi, non potrà non leggere sui loro volti un nervosismo che aumenta sempre più, che spesso li porta a vivere male un lavoro che pure non gli dispiace, ed addirittura a litigi immotivati.
E non potrà fare molto. Anzi, non potrà fare praticamente nulla per cambiare la situazione, perchè non avrà leve su cui agire. Perchè quell’insoddisfazione ha radici lontane. Deriva dal fatto che si vogliono considerare solo i numeri su un report, non si fa qualità. E non si crea nemmeno sinergia. E neppure motivazione.
Perdere le persone
Cambiare è sacrosanto, soprattutto se l’intento è migliorare un servizio. Se ottieni più efficienza, sei un bravo (o una brava) manager. Ma se perdi le persone, hai sbagliato comunque. Soprattutto se oltre a perdere fisicamente quelle che vanno in pensione (e non sostituisci), perdi mentalmente quelle che restano sulle scrivanie.
Se gli alti comandi sono soddisfatti dei report, buon per loro. A loro volta i politici potranno essere soddisfatti di poter dire che le cose sono migliorate. Ma al di là della gestione, esiste la realtà di tutti i giorni; popolata di persone consapevoli del fatto che non è cambiato proprio nulla.
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2 comments
Buongiorno Marco, mi ritrovo molto nelle tue riflessioni, anche io ho intrapreso la strada del cambiamento radicale nel lavoro, da impiegata a coach professionista, sono ancora agli inizi, ma so che è la strada giusta.
in bocca al lupo per il tuo percorso.
Raffaella Mangino
Ciao Raffaella, ti ringrazio per il tuo commento: mi sono reso conto dopo parecchio tempo che la mia risposta non è mai comparsa, probabilmente a causa di un problema tecnico. Mi scuso. Mi complimento con te per aver avuto il coraggio di intraprendere il tuo percorso di cambiamento, e ti auguro di cuore di realizzare i tuoi progetti. In bocca al lupo anche a te…!