Ragazze vincenti

by Libero di Cambiare
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La rivoluzione del calcio femminile

Belle, quelle ragazze. Davvero notevoli. No, una volta tanto non mi riferisco a caviglie sottili, a seni prorompenti o a deretani che calamitano gli sguardi.

Parlo di altro. Mi riferisco a qualcosa di meno materiale. Perchè queste ragazze sono belle nel loro impegno, belle nel loro modo di muoversi sul campo. Belle nel loro interpretare uno stare insieme in una squadra che cerca di prevalere, di eccellere.

Semplicemente dogmatici

Non sono cresciuto con questo concetto. Negli anni settanta il calcio di cui si parlava era solo maschile. Era la norma, forse perfino un dogma. Alla scuola media noi maschi, il lunedì mattina, ci scannavamo sui rigori non dati e sulle migliori formazioni possibili; le ragazze non so cosa facessero, ma so per certo che ritenevano il calcio qualcosa di cui era sconveniente occuparsi.

Ed il punto è proprio questo. Se loro la pensavano così, era perchè così era stato loro suggerito. E non in modo esplicito, di certo nessuno gli aveva esplicitamente detto che una bambina non deve giocare a calcio: sono quelle conclusioni che una bimba trae dal contesto in cui vive. Del resto, noi maschi non ci sognavamo nemmeno di invitare una fanciulla ad una partita con noi; quindi questo piccolo sistema sociale si reggeva perfettamente.

Distrazione o pregiudizio ?

Eppure già in quegli anni le praticanti di calcio erano un numero ragguardevole, avevano un loro campionato nazionale, e le loro eccellenze. Ma il mondo del calcio italiano, che già aveva raggiunto traguardi internazionali con squadre come Milan ed Inter, e che si apprestava a vincere, negli anni ottanta, il suo terzo campionato del mondo, non pareva accorgersene.

Non ricordo molto bene, ma credo che siano dovuti arrivare gli anni 90 perchè la Tv, unico vero mezzo di diffusione massivo della cultura del calcio, con Internet che era ancora agli albori, ricordasse sistematicamente all’Italia che esisteva una squadra nazionale femminile. Che tra l’altro era tutt’altro che un team di sportive improvvisate; era, al contrario, formato da ragazze determinate e professionali, pur se ufficialmente dilettanti.

Campionesse dimenticate

I risultati di quelle ragazze “controcorrente” negli anni 90 furono particolarmente eclatanti, al punto da porre la nazionale italiana femminile ai primi posti nel panorama mondiale. Carolina Morace era una leggenda, nel vero senso della parola, visto che Mia Hamm, icona del calcio statunitense, la definisce appunto “legend” in un suo libro.

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Ma qualcosa non funzionò. Quella che poteva essere una rivoluzione che avrebbe portato il calcio femminile molto vicino alla visibilità di quello maschile, di fatto non partì mai, ed iniziò, al contrario, una fase di cambiamento involutivo, con risultati in calo e perfino la cessazione dell’attività di società importanti, che avevano contribuito fortemente allo sviluppo del movimento.

Così quel movimento sportivo, che a livello internazionale otteneva importanti riconoscimenti come il passaggio al professionismo, investimenti in impianti sportivi ed in un marketing efficace, vedeva le ragazze italiane perennemente incastrate in un dilettantismo anacronistico e seguite da un pubblico decisamente insufficiente.

Ma ora di nuovo si prospetta la possibilità di intraprendere una fase virtuosa. Si è molto parlato, fortunatamente, della recente partecipazione ai mondiali 2019, in Francia. E finalmente noi appassionati di calcio abbiamo potuto vedere gran parte della competizione, anche se non sui canali della tv di stato.

Una sconfitta che brucia doppio

Di quella competizione porterò sempre un’immagine dentro di me: le ragazze dilettanti in maglia azzurra che fanno dannare l’anima alle professioniste in maglia arancione, prima che queste ultime segnino i due gol decisivi per la qualificazione alla semifinale.

Sono stato orgoglioso delle ragazze azzurre, e non per un mero patriottismo calcistico, ma per aver visto il loro impegno ed il livello di prestazione che ne è conseguito. E non ho potuto fare a meno di pensare, a fine gara, che se fosse stata una partita fra due gruppi di calciatrici che potevano entrambi dedicarsi solo al calcio professionistico, magari l’esito del match poteva essere diverso.

Ma non è stato un match completamente alla pari, e pur congratulandomi con le atlete olandesi, resto con l’amaro in bocca anche a distanza di tempo. Dagli errori però dobbiamo imparare, non possiamo fare sempre finta di niente e buttarci tutto alle spalle.

Credo che calcio femminile sia ancora una volta ad un bivio. Stavolta dobbiamo fare in modo di prendere la strada giusta; quella che porterà queste ragazze, e quelle che si stanno formando nei settori giovanili, ad avere tutto il supporto normativo e materiale per esprimere appieno il loro potenziale.

Foto ad inizio articolo: https://pixabay.com/it/users/milmascaras-7052687/

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