Più impegno

by Libero di Cambiare
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Quando il tuo impegno non basta più

Non sempre l’esigenza di cambiare coincide con un immediato rifiuto di ciò che fai, “tout court”. In fondo sarebbe troppo facile, se fosse così. Verrebbe meno il gusto di lavorare in un certo luogo, la necessaria concentrazione e, di conseguenza, l’impegno messo quotidianamente nel lavoro stesso.

Ma in realta, sappiamo bene che così non è. Da quando il disagio si manifesta, sono moltissimi i passaggi che devono avvenire prima che quella situazione lavorativa venga messa da parte. Sempre ammesso che si abbia la possibilità, ed il coraggio, di separarsene.

Ma anche nell’ipotesi di averli entrambi, la decisione non è così scontata. Posto che il disagio si sia manifestato pienamente, l’inquadrare la situazione dentro la propria mente è tutt’altra storia.

Foto di sigre da Pixabay

Un contesto abituale

Si è abituati da anni, se non decenni, a guadagnarsi da vivere in un certo modo, al sicuro della zona di comfort, ed anche il pensiero di cambiare, almeno all’inizio, è una posizione da conquistare. E se si è persone oneste, si continua a lavorare con il consueto impegno per giustificare lo stipendio che ci pagano; o più semplicemente si continua perchè così si è sempre fatto.

Insomma, si abbassa la testa e si mette ancora più impegno di prima, cercando di esorcizzare quel demone che si sente crescere dentro. Ma è in qualche modo una soluzione che sa di trappola. Essere “workaholic” ci serve sicuramente per continuare e sopravvivere nonostante il fastidio, ma non certo ad affrontare la situazione.

L’impegno del “workaholic”, però, non fa il paio con la capacità di riflettere sulla propria situazione, e di conseguenza sulla propria soddisfazione. In altre parole, se corri è difficile che tu possa cogliere i dettagli del paesaggio, tutto preso ad arrivare in fretta a destinazione.

Darsi la colpa

E di certo la fretta sul lavoro non manca. E quando si comincia a provare la sensazione del disagio, può esserci la tendenza ad attribuirsene la colpa. Insomma, se qualcosa non va è perchè sono io che sono inadeguato.

Che poi, se vogliamo, non è concettualmente sbagliato: qualcosa di nuovo c’è, dentro di noi. E qualcosa che richiama l’idea di inadeguatezza, anche. Ma ad essere inadeguata non è la nostra capacità di affrontare il lato tecnico del lavoro. Noi siamo gli stessi, da quel punto di vista.

Foto di Shivmirthyu da Pixabay

Ciò che non è più adeguata è la nostra capacità di accettare un certo contesto di lavoro, con tutte le situazioni che esso ci pone di fronte, come lo stress e i contrasti da superare, che richiedono impegno ed energia. E’ impossibile non avere mai un momento di disagio sul lavoro, si sa.

E le sfumature di quel disagio sono decisamente tante. Certo, non si può escludere che sia passeggero, frutto di un momento di stanchezza, o di reazione ad un cambiamento organizzativo che può metterci in difficoltà.

Ma può essere anche qualcosa di più profondo e radicato: una sensazione che, dal suo apparire, è cresciuta piano piano, ma inesorabilmente. E’ una piccola perdita d’acqua che alla fine crea un’alluvione. Giorno dopo giorno, a parità d’impegno e di energie, la nostra “ricompensa interiore” è sempre più misera.

E per me almeno, questo punto è stato cruciale. Non era questione di prestigio del compito svolto. Non era questione di carriera, anche se quella male non fa, dato che si accompagna ad incrementi retributivi. E non era neppure questione di soldi.

Il tornare a casa e sentire che non ero più gratificato dall’aver svolto il mio lavoro, ha pian piano ucciso la motivazione a svolgerlo. L’impegno non è mai venuto meno, fino al giorno in cui ho rassegnato le mie dimissioni.

Ma l’impegno non bastava più. Il lato profondo di me mancava di quell’ingrediente fondamentale della motivazione che si chiama aspettativa. Non mi attendevo più nulla di nuovo, nulla di buono, nulla di nulla.

E’ stata la paura a sostituire la motivazione. Sono rimasto lì ancora a lungo per paura di cambiare. Di certo non è stato un buon affare, lasciare gli anni trascorrere.

Foto iniziale di Pexels da Pixabay

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