MA COS’E’ CAMBIATO ?

by Libero di Cambiare
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La difficoltà di leggere i cambiamenti

Non ho remore ad ammettere che all’inizio ero ben lontano dal focalizzare la situazione. Del resto, quando sei inserito da anni (o da decenni) in un contesto lavorativo che si ripete allo stesso modo, almeno nei suoi pattern basilari, è difficile essere immediati nell’identificare i cambiamenti.

Per parecchio tempo, non so esattamente quanto, ho dato la colpa al fatto che mancasse il ricambio generazionale, insomma che non si assumessero dei giovani. Il blocco del turnover stabilito oltre 15 anni fa ha fatto senza alcun dubbio in modo che il panorama delle risorse umane a disposizione degli enti pubblici invecchiasse parecchio, è un’ovvietà. E quando un gruppo invecchia, vengono fatalmente a mancare, oltre che forze fisiche fresche, anche delle menti che abbiano una superiore resistenza allo stress, non fosse altro che per il fatto di essere da minor tempo applicati a problemi che non si ha il potere di risolvere, dato che sono generati da procedure di cui non si ha il controllo.

Mancano nuove idee

Inoltre, i nuovi innesti portano senza dubbio nuovi punti di vista, che sono fatalmente destinati a cambiare e sostituire quelli precedenti, anche se poi non è sempre certo (o accertabile) che siano in assoluto modi migliori di interpretare la realtà lavorativa.

Certo, non siamo più negli anni 70 o 80. Sono cambiate talmente tante cose che quei due decenni sembrano un’era geologica precedente; pensate solo che non esisteva internet……
Va da sé che, con un mondo del lavoro completamente sconvolto da novità politiche e crisi economiche globali, possano prodursi delle aberrazioni come il trovarsi di fronte ad un brontosauro, allo sportello di un ente pubblico.

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Tutto qui ? No, ho la sensazione di no…c’è dell’altro, e verte, manco a dirlo, sul lato umano della faccenda. Man mano che le settimane ed i mesi passavano, avevo l’impressione che, al di là della retorica che vede snocciolate facilmente espressioni come “nuove sfide”, “lavoro di squadra” o “gestione del cambiamento”, si stesse correndo (per forza) verso un futuro sempre più complesso mutando tutti i fattori, quello tecnologico, quello logistico, quello organizzativo, quello informativo; e tutti, devo ammettere, con una certa competenza.

Tutti. Tranne uno, quello umano. Cambiavano gli hardware dei computer, i software si facevano via via più complicati, l’ufficio A veniva giustamente accorpato all’ufficio B, a cui capo veniva giustamente posto il collega C al posto del collega D; cambiava il modo di dare l’informazione all’utenza, anche qui per motivi giusti. Si aveva davvero la sensazione che in qualche anno tutto fosse cambiato.

Nuovo lavoro, persone vecchie

Il fatto è che si stava gestendo un lavoro nuovo con impiegati vecchi. E stavolta non mi riferisco all’età. Parlo delle teste, dei cervelli, delle coscienze. Insomma, di tutto ciò che attiene al modo di stare quotidianamente sul lavoro, e di ciò che ne consegue, in termini di sensazioni e di emozioni del lavoratore.

Già, perchè ti cambiano il computer, ti danno una stanza nuova e che ricalca alla perfezione le norme di sicurezza; ti fanno partecipare al corso di formazione per il nuovo software, ti spiegano che dovrai sopportare una dose di lavoro supplementare, perchè è da tempo che i colleghi che vanno in pensione non vengono più sostituiti. Affari tuoi, a gestirti lo stress.

Ma si dimenticano di coinvolgerti in un progetto. Sì perchè, a patto che un progetto di lungo respiro ci sia, anche le ultime ruote del carro devono conoscerlo, devono viverlo, ogni giorno in cui entrano in ufficio. Altrimenti mancherà una ragione ultima per sopportare lo stress, l’inevitabile contrasto col collega, col capo, con l’utente, e l’unico motivo che spingerà ad alzarsi al mattino sarà solo lo stipendio. Che è fondamentale, certo, ma che ha un brutto vizio: non parla alle anime.

Foto iniziale https://pixabay.com/it/users/OpenClipart-Vectors-30363/

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