Lavoro e aspirazioni.
Le aspirazioni. Non potrebbe esistere il genere umano, senza di esse. Dobbiamo avere una rotta, seguire una direzione, sentire dentro di noi di avere uno scopo.
Altrimenti l’esistenza stessa può diventare invivibile. In particolare sul lavoro.
Ci poniamo tutti delle domande, cerchiamo nella vita dei significati, anche se dobbiamo concludere che uno scopo finale non pare esserci; la vita è destinata a terminare, e noi con lei.
Ma se lo scopo ultimo (a patto che ci sia) non possiamo conoscerlo, possiamo certamente rendere la nostra esistenza più o meno soddisfacente, più o meno interessante; o almeno provarci.
Un aspetto fondamentale
Il lavoro è un aspetto fondamentale di questo processo, anche solo per il fatto che ci trascorriamo la maggior parte della nostra vita. E da questo aspetto fondamentale dell’esistenza, non desideriamo solo avere lo stipendio indispensabile per vivere, ma anche degli stimoli. E’ chiaro, non siamo tutti uguali, ma nel corso delle nostre vite abbiamo bisogno di emozionarci per qualcosa, di sentirci coinvolti in un progetto, di accalorarci e batterci per una causa.
Forse è per questo che, in mancanza d’altro, finiamo per scatenare il nostro mr. Hyde davanti allo schermo della tv quando gioca la squadra del cuore, ed il giorno dopo in ufficio siamo disposti a “sbudellarci” con i colleghi di fede sportiva diversa, per stabilire se la vittoria fosse davvero meritata o se l’arbitro dovesse o meno accordare il rigore.
Avere uno scopo
Necessitiamo di obiettivi, di avventure, di conquiste, anche se non ci muoviamo dalla nostra scrivania e non ci sogniamo nemmeno di abbandonare la nostra esistenza borghese e tranquilla.
Naturalmente non tutti abbiamo gli stessi bisogni, o li manifestiamo nello stesso modo; c’è chi ha un lavoro frustrante e gli basta un hobby emozionante per essere in equilibrio, mentre altri si sentono morire dentro se sul lavoro non ricevono gli stimoli giusti.
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Io appartengo evidentemente alla seconda categoria, ed ho deciso che non potevo più resistere oltre in un lavoro che non mi appassionava più, oltre a non darmi prospettive di crescita e di cambiamento. Non mi è dato per ora sapere se riuscirò a coniugare il lavoro con la passione e con l’emozione di contribuire ad un progetto teso a realizzare qualcosa di importante, ma ho ritenuto, pur alla mia non più verde età, che fosse necessario provarci.
Non sono un esperto di organizzazione del lavoro, e pertanto non mi lancerò in analisi complesse che non potrei avvalorare con i dati. Dico solo che sulla mia pelle ho sperimentato quanto sia brutto e pesante vivere una realtà lavorativa che non ti dà prospettive e non ti coinvolge adeguatamente, che non ti spiega dove si va. Senza coinvolgimento e prospettive non c’è motivazione al lavoro, e senza motivazione si ha la sensazione (tremenda per me) di vivere giornate che finiscono, bene o male, per assomigliarsi tutte; così si finisce col non avere più la voglia di andare al di là della semplice esecuzione del compito.
Quando parlo con le persone, è raro ormai sentire storie di ambienti felici, sul lavoro. Non so se sia solo questione di far ripartire un ciclo economico virtuoso e di dare più opportunità di lavoro, francamente ne dubito. Credo sia necessaria una riflessione profonda non solo da chi il lavoro lo presta, ma anche e soprattutto da parte di chi il lavoro lo crea.
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