Il lavoro che verrà (si spera)
Ci sono molti articoli interessanti, in rete. Basta girare un po’, e si trova davvero di tutto. Ma pochi sono quelli che mi fanno saltare sulla sedia parlando di lavoro, tematica tra l’altro che in questo periodo, per me, costituisce una ferita ancora decisamente aperta, dato che ancora in questo ambito non ho trovato il mio approdo.
Ironia della sorte, l’articolo che mi ha colpito così tanto non l’ho dovuto neppure cercare. E’ venuto lui da me. Accennavo in un mio recente post al sito dei Nomadi Digitali, una realtà che da tempo ha attirato la mia attenzione per il modo altamente innovativo di concepire il lavoro.
Basta infatti leggere la frase presente nel “chi siamo” del sito, per capirne la filosofia: si parla di un nuovo tipo di uomo e di lavoratore, indipendente, mobile, in giro per il mondo costantemente connesso alla rete; poco da aggiungere ad una frase che è a metà fra un ritratto ed uno slogan.
Sono iscritto alla loro newsletter perchè ogni tanto mi piace seguirli, almeno con la mente, nel loro intelligente girovagare; non troppo però, perchè sennò l’invidia comincia a rodermi il fegato, ed il fegato mi serve.
Cosa mi ha colpito di quell’articolo ? La sua semplicità, il modo diretto con cui viene descritto un modo nuovo di concepire la vita lavorativa, non vista come mero mezzo di sopravvivenza, ma come modo per realizzare se stessi e soprattutto come ambito che dona felicità, non avendo più il marchio della fatica e della punizione che tutti noi inconsciamente associamo al concetto del lavoro.
Un lavoro che pesa
Non ci avevo mai pensato…fra i miliardi di sensazioni negative vissute nella mia vita lavorativa, mai avevo realizzato il fatto che ci viene trasmessa una visione del lavoro che giustamente Alberto Mattei definisce “biblica”. Sì, andare al lavoro è spesso pesante, anche se materialmente non sollevi nulla di ponderoso; fai parte di burocrazie, pubbliche o private, che sono ormai concettualmente obsolete e non sanno più coinvolgere la tua mente in un obiettivo che non sia lo stipendio del mese successivo.
Caro Alberto Mattei, spero che la concezione del lavoro che hai illustrato si diffonda presto ed in maniera esplosiva, che divenga una malattia benefica che resista ai vaccini del buonsenso e sia inarrestabile, un po’ come accade negli “zombie movies”, in cui gli scienziati non sanno spiegarsi l’insorgere della piaga, perchè il morbo che si trovano a fronteggiare è qualcosa di completamente nuovo.
Un’ “infezione” benefica
E spero che i sintomi della “malattia” si manifestino in maniera inesorabile: spiccata capacità di fare progetti, incontrollabile voglia di muoversi e di vedere il mondo, di condividere le esperienze, considerando gli altri lavoratori non come avversari, ma come una risorsa per la propria esistenza. E poi, fra i sintomi in questione, potrebbe anche manifestarsi una certa fiducia nelle proprie capacità e perfino la soddisfazione di sé.
https://pixabay.com/it/users/Pexels-2286921/
E così questa malattia magari riuscirà a scacciarne un’altra, che affligge il lavoro di milioni di persone nel mondo, e si manifesta tristemente quando l’ennesima monetina casca in una macchinetta del caffè, in una qualunque parte del mondo, durante una pausa nel lavoro di ufficio. Un caffè tendenzialmente cattivo cade in un bicchierino di plastica per poi finire nella bocca, già amara, di un lavoratore che sta per condividere tutta la sua negatività e la sua frustrazione con i colleghi, in un ciclico rituale di lamentele e disillusione.
Il mondo del lavoro sta correndo in avanti con il viso voltato all’indietro, e così troppo spesso inciampa. E le persone con lui. La frustrazione, come una pressa, appiattisce tutto e tutti.
Persone particolari
E poi spuntate voi, donne ed uomini “strani”, che non avete un capo o un subalterno, non fate la gara al semaforo con l’auto vicina, al mattino non avete un treno che vi ingoia, spuntando nella nebbia novembrina, per poi vomitarvi alcune fermate più avanti insieme ad una fiumana di altre persone.
Nomadi col computer fra le mani…pionieri di una nuova era, che non accumulate risorse, che collaborate invece di tirarvi calci sotto le scrivanie…esaltati dall’avventura, con in tasca l’intuizione, geniale, che il tempo è meglio dei lingotti d’oro nella cassaforte dietro il quadro, da passare di generazione in generazione con tutto il quadro…insomma cari Nomadi, vivete pure inseguendo i vostri sogni…ma non ditelo troppo in giro, perchè……c’è un sacco di gente a cui rode il fegato…ed il fegato, gli serve……
Foto iniziale di https://pixabay.com/it/users/hjrivas-6383351/