Frustrazione. Pessima compagna

by Libero di Cambiare
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La frustrazione ti prende e diventa il tuo sordo tormento.

Non so dirvi come sia cominciata. Me la sono ritrovata addosso. Sono quelle esperienze della vita che si insinuano piano, non fanno rumore. Vai al lavoro come tutti i giorni, fai le stesse cose di ogni giorno. Più o meno. La tua routine la conosci, niente rivoluzioni, niente scossoni.

Hai messo energia in quello che fai, ti sei impegnato, cercando di realizzare al meglio ciò per cui sei pagato, a prescindere da quanto sia strategico o meno il tuo compito nell’azienda in cui lavori. E’ impossibile partecipare ad una realtà aziendale senza avere aspettative.

Ed è impossibile che queste aspettative non risentano mai di un momento di verifica, di una fase in cui si debba in qualche modo tirare le somme di quanto è stato fatto fino ad un dato momento, non solo in termini di risultati, ma anche di benessere mentale nel continuare a svolgere quotidianamente il proprio ruolo.

Foto di DesignND

Un bilancio poco esaltante

Ed il risultato può essere, in molti casi, non esattamente esaltante. Oppure decisamente deludente. E la delusione delle aspettative è sempre una questione molto seria, anche se non sempre si manifesta in modo eclatante. Anzi: può essere praticamente invisibile ai più, perchè in genere uno se la “cucina dentro” senza esprimerla, almeno all’inizio. Esattamente come la frustrazione che ne deriva; all’inizio sembra quasi non esistere.

In un carattere come il mio, poi, può restare nascosta anche per lungo tempo, come un agente sotto copertura. A fronte di una palese disillusione dei sogni che avevo coltivato in età più giovane, non ho voluto ammettere che il riscontro era stato quasi nullo. Ho creduto che quel senso di frustrazione si potesse combattere in modo semplice, cioè mettendo semplicemente più impegno in ciò che stavo facendo.

Con prevedibili risultati. Innanzitutto i sentimenti non sono migliorati, semmai il contrario. In secondo luogo, la frustrazione è diventata depressione (anche questa lieve e strisciante). E poi, quel che è peggio, ho perso tempo, molto tempo.

Anni gettati al vento

Anni passati a chiedersi cosa non va dentro di te, cercando di esorcizzare quel “malessere momentaneo” che senti dentro. Dai la colpa al sistema, ai capi ai colleghi. Tutte cose vere, senza dubbio: di persone che sul lavoro, a vari livelli gerarchici, desiderano rovinare le giornate agli altri è pieno il mondo.

Foto di angel4leon

Ma il punto non è lì. Il punto sei sempre tu, quanto sei adatto al contesto che ti trovi a vivere, quanto sei in sintonia con l’ambiente lavorativo, in particolare con le persone che ti circondano. Ma spesso invece di guardare in faccia alla frustrazione, si preferisce voltare le spalle e scappare. Ma serve a ben poco.

Perchè lei non corre, ti aspetta. Lei non fa discorsi, è concreta e pragmatica. Se ti vuole, la frustrazione alla fine ti avrà, come una silenziosa predatrice, come una strana rete che ti cali addosso lentamente. E non importa quanto tu ti possa dibattere. Ormai ci sei, sei dentro.

Personalmente, ho fatto di tutto per rinviare il momento in cui analizzare seriamente l’idea di un cambiamento; anche perchè non poteva essere un “maquillage” per rendere più accettabile una situazione di cancrena. Alla fine ho compreso che per me non sarebbe bastato un trasferimento ad altro incarico, e tutto sommato, neppure una promozione.

Ci voleva ben altro. Ci voleva un taglio drastico con una mammella che mi aveva nutrito per molti anni; ma con un latte che a me, ormai da troppo tempo risultava acido.

La frustrazione è stato uno degli allarmi che mi avvisava della necessità di cambiare strada; forse non il più alto di tono, ma certamente il più insistente.

E ignorare un allarme non è mai una buona cosa…

Foto di copertina by rihaij

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