Calciatrici no ?

by Libero di Cambiare
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Strada in salita per le calciatrici italiane

Mi piace il calcio, senza alcun dubbio, da sempre. E più di recente è quello giocato dalle donne ad assorbire la maggior parte della mia attenzione. In questi ultimi giorni due notizie, riguardanti due diverse calciatrici, hanno attirato il mio interesse.

Ultimamente sto trovando decisamente interessante l’app Tutto Calcio Femminile : è semplice da usare e molto ricca di notizie e di spunti di riflessione su un versante del calcio ancora troppo trascurato dai media, e la cui storia è ancora tutta da scrivere.

La scelta di Elena

La prima delle due calciatrici è Elena Linari, difensore centrale (fortissima) della nazionale italiana, di recente protagonista ai mondiali femminili giocati in Francia. In una recente intervista rilasciata proprio a Tutto Calcio Femminile sostiene che uno dei motivi che l’hanno portata a giocare all’estero è stato il fatto di poter realizzare il suo sogno di fare del calcio la sua professione.

Foto di Martin Winkler da Pixabay

Hai detto niente. Realizzare il sogno di una vita, vale a dire fare ciò che ti appassiona guadagnandoti da vivere con quello, è una delle chiavi della felicità.

Che Elena sia una persona che segue la sua passione è fin troppo chiaro: non sarebbe dov’è, altrimenti. Se arrivi ad essere contemporaneamente difensore della nazionale italiana e dell’Atletico Madrid, al di là della dotazione fisica, hai la testa giusta e la giusta passione per ricoprire quel ruolo, con tutti i sacrifici che comporta il doverci arrivare.

Un talento che se ne va

Quello che fa riflettere è il fatto che il calcio italiano perda (speriamo temporaneamente) un talento così grande, a favore di un campionato estero. E questo proprio a causa del fatto che in Italia le calciatrici sono ancora dilettanti, e quindi non possono far combaciare passione per il calcio, amore per il proprio paese e progetti per il futuro.

Progetti che devono comunque basarsi su un’entrata economica adeguata, corrisposta dalla squadra in cui militano. Così il fatto di studiare ben oltre il diploma di scuola media superiore assume spesso il significato non solo di una formazione personale. Esso è infatti anche l’unica valida alternativa ad un movimento calcistico che distanzia ancora enormemente calciatori e calciatrici. E questo in termini innanzitutto di status (professionisti i primi e dilettanti le seconde), e poi, di conseguenza, in termini di trattamento economico percepito, con buona pace del principio di parità salariale fra i sessi.

La rabbia di Carolina

L’altra calciatrice su cui mi sono soffermato si chiama Carolina Cosi, ed è difensore nella formazione di serie A del Florentia di San Giminiano. In un articolo apparso sul sito della società, intitolato “Ed ero anche molto arrabbiata con il calcio“, descrive in modo molto preciso la sensazione che l’aveva colta anni fa, quando aveva appena terminato la scuola superiore.

Foto di Free Photos da Pixabay

Terminato il liceo, che l’aveva vista fare grandi sacrifici per poter continuare a vivere la sua passione calcistica, Carolina si rende conto che il calcio non può essere una delle opzioni per pianificare il suo futuro.

Una frase rende l’idea meglio di qualunque altra su ciò che le calciatrici italiane possono provare in quei momenti: “Per la prima volta mi resi conto che nel mio ideale di futuro lavorativo il calcio non esisteva”.

Ed ancora: “Eppure niente era cambiato, la passione ardeva come prima…. Ma perchè allora nel mio futuro non vedevo il calcio ? Ragionai molto a riguardo e capii che di fatto non potevo vivere di solo calcio, non potevo vivere soltanto di quella passione lì.”

Una scelta quasi obbligata

L’amara constatazione di Carolina stupisce per la lucidità e per la capacità di descrivere in poche parole ciò che un giovane talento del calcio delle donne si trova a fronteggiare.

Nel momento in cui manca la possibilità di diventare professionista, sei costretta a dover per forza di cose valutare altre scelte di vita, anche se non sono quelle che la passione che senti dentro ti suggerirebbe di fare.

Due esempi molto diversi, ma ugualmente significativi di come le calciatrici in Italia non possano vedere coronato un sogno che coltivano, con sacrificio, fin da quando sono delle bimbe. Già, perchè questo si infrange contro una situazione che ormai non ha più ragion d’essere, se non motivata da un retaggio culturale che a sua volta non si regge più in piedi.

Il professionismo per le donne del calcio è ormai un’esigenza imprescindibile, ed ancor più un fatto di equità. Certamente va messo in opera con la dovuta gradualità, per non mettere in difficoltà le società. Ma è una direzione da prendere con decisione.

Foto iniziale di MustangJoe da Pixabay

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